il merlo oggi è più curioso e cerca lontano dal nido

3 febbraio 2013

Autodeterminazione dei popoli



deja-vu
Il Nobel per la pace dev’essere una sciagura. Consegnato anche a Obama pochi anni or sono, pare diventata una staffetta che passa di mano in mano ai principali fautori delle guerre.

Nascosti dietro apparenti motivi umanitari e di sostegno alle “povere” popolazioni vittime di soprusi, da un giorno all’altro l’occidente opulento si trova a dover fare zapping sullo scenario mondiale per balzare da un focolaio armato all’altro. 

twitt1Seduti comodi come in una moderna arena, ce ne stiamo a girare i pollici per decidere le sorti dei popoli. Solo che i combattimenti non sono proprio bene visibili e in diretta. I complicati antecedenti ci vengono raccontati a salti e strangoloni da tg e web.

Ma non si era finalmente deciso, dopo secoli e millenni di scontri sanguinari e guerre mondiali, di farla finita? La guerra è sbagliata map_mali-300x300sempre, no?! Eppure siamo in guerra nel Mali. Presunti motivi umanitari gridano ancora sangue.

Il vecchio colonialismo cambia pelle, ma ruggisce ancora anche all’inizio del 21° secolo: le tecnologie sono mutate, ma gli interessi economici la fanno ancora da padrone. Non a caso l’attivismo NATO, in particolare Washington, Parigi e Londra, pare intensificarsi in Africa proprio pochi anni fa, per contrapporsi all’aumento della penetrazione economica Africa - China leasinge diplomatica della Cina, che rischia di sottrarre il continente nero alla  sfera d’influenza occidentale (1). 

Che dire ora della guerra francese in Mali? Tale stato è il terzo maggiore produttore africano di oro, e nel suo territorio nasconde vari giacimenti minerali tra cui l’uranio (2), e probabilmente anche petrolio e gas naturale.
  
Alcuni giornalisti (3) mettono già in luce le evidenti contraddizioni di questa “improvvisa” guerra nel Mali e ricordano gli interessi legati alla «Françafrique», ossia all’Africa coloniale francese - mai del tutto abbandonata (4) - nonostante François Hollande, dopo le elezioni, avesse rassicurato che non si sarebbe più comportato da “gendarme dell’Africa” che si occupa della sicurezza degli Africani.

Fatto sta che dopo qualche giorno di raid aerei sulle principali città del Nord del Mali, gli scopi dell’intervento francese non sono ancora chiari. Parigi ha parlato di lotta al terrorismo, di ristabilimento dell’integrità territoriale del paese, di ritorno della democrazia, di ragioni umanitarie. Ma, per dirla citando Dominique del Vallepin (5), possiamo notare l’unanimismo dei Paesi a sostegno dell’intervento francese, la precipitazione apparente degli eventi e la confusione degli intrecci politici in regioni a noi lontane, per scorgere in esse un déjà-vu degli argomenti della “guerra contro il terrorismo”, come in Afghanistan, in Iran, in Libia.

«Queste guerre non sono mai riuscite a costruire uno Stato solido e democratico. Al contrario, favoriscono i separatismi, gli Stati falliti, la legge di bronzo delle milizie armate. Mai queste guerre hanno permesso di eliminare  i terroristi che sciamano in una determinata regione. Al contrario, esse legittimano gli elementi più radicali».

Le esperienze mediatiche di guerra ci costringono a diffidare delle motivazioni ufficiali che ci rifilano per giustificare questi raid lampo in terre straniere. Da quando gli stati muovono uomini, mezzi e risorse per sole ragioni di cuore? Per sostenere gruppi armati di varia natura (6) nel profondo Mali? Per aiutare popolazioni a difendersi dagli estremisti islamici (7)?

Libera autodeterminazione, pace e prosperità a tutti i popoli.
 joy 
il m.e.r.lo.
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Fonti:
http://www.geopolitica-rivista.org/20111/mali-perche-la-guerra/
http://www.linkiesta.it/blogs/il-tornio/ma-perche-la-francia-e-guerra-mali
http://www.liberopensare.com/index.php/articoli/item/424-maliziosi-pensieri http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4161

Note:
1- Nel 2007 gli USA hanno istituito persino l’Africom, un apposito comando militare per l’Africa, l’AFRICOM, che ha gestito sia la campagna di bombardamenti di africa 19142droni ancora in corso in Somalia, sia l’Operazione culminata col rovesciamento di al-Qaddāfī in Libia, in cui Francesi e Britannici hanno avuto un ruolo di rilievo. Recentemente gli USA hanno aumentato il loro coinvolgimento militare anche in Uganda. Le pressioni occidentali sono state inoltre decisive per permettere, nel 2011, la secessione del Sud Sudan dal Sudan (proprio la Francia nel 2011 è intervenuta militarmente per deporre il contestato presidente della Costa d’Avorio).  
2- Nel vicino Niger si trovano miniere d’uranio sfruttate dalla francese Areva
3- Delphine Roucaute su “Le Monde” e Philippe Leymarie nel suo blog su “Le Monde Diplomatique 
4- La Francia, unica potenza occidentale ad avere ancora basi militari in Africa (come ad esempio quella di N'Djamena da dove partono i raid di questi giorni), è da sempre in prima linea per assicurare stabilità all’intera regione e per garantire le buone relazioni commerciali con i paesi che ancora gravitano sotto l’antico mantello coloniale. Fra questi, il vicino Niger, che dispone di ingenti giacimenti di uranio. 
5- Dominique de Villepin, eminenza grigia di Chirac, primo ministro dal maggio 2005 al maggio 2007 e capofila del dissenso contro la guerra in Iraq. 
6- I gruppi armati del Mali sono sostanzialmente di tre nature: i jihadisti che operano nel Nord del Mali dopo il colpo di Stato che il 21 marzo 2012 ha deposto il presidente Amadou Toumani Touré: le milizie di Ansar ed-Dine, dell’Aqmi (al-Qaida au Maghreb islamique) e del MUJAO (Mouvement pour l’unicité du djihad en Afrique occidentale). Queste sigle raggruppano, secondo gli esperti militari, circa 1.200 combattenti di origine diversa, sia maliani che stranieri, che dispongono di circa duecento veicoli fuoristrada 4x4, equipaggiati con armamenti di provenienza iraniana. Fra di loro si mescolano miliziani tuareg già assoldati da Gheddafi, gruppi armati legati al traffico di droga e al racket dei sequestri internazionali, giovani jihadisti algerini affiliati al “Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento” (GSPC). Il loro raggio d’azione è il cosiddetto “Sahelistan”, entità geopolitica evocata dal ministro degli esteri francese Laurent Fabius per indicare un territorio senza sovranità legale, fatto di dune e di sabbia, dai confini indefiniti modellati dal deserto. In questo territorio, approfittando del vuoto di potere creato dal putsch del marzo 2012, si sono installate le forze jihadiste che la Francia sta combattendo, mescolandosi alla popolazione delle città del Nord del Mali e alle tribù berbere dedite al commercio lecito e illecito lungo le antiche linee carovaniere.
7-I movimenti islamisti radicali nel Nord del paese sono presto divenuti protagonisti di rilievo nella guerra civile in corso. Il gruppo principale è quello diʾAnār ad-Dīn, di matrice prevalentemente tuareg: il suo capo, è stato uno dei leader delle ribellioni dagli anni ’80 ad oggi, ma ha aderito al radicalismo di matrice deobandi durante la sua permanenza in Arabia Saudita in qualità di diplomatico. Scopo di Anār ad-Dīn sarebbe di mutare il carattere laico dello Stato maliano e di imporre una stretta osservanza della sharīʿa. Il gruppo islamista avrebbe infatti iniziato a distruggere i mausolei sufi, considerati esempi d’idolatria. Dal giugno 2012 Anār ad-Dīn ha preso il controllo di tutti i principali centri urbani del Mali Settentrionale.